DAL DIGITALE AL FISICO
Le opere pittoriche e tessili appartenenti al Casino sono oggi custodite in diversi musei campani. In particolare: 34 quadri si trovano presso la Reggia di Caserta; i 6 arazzi e le 7 sovrapporte dipinte che ornavano la Galleria sono conservati al Museo di Capodimonte, a Napoli; 2 nature morte sono esposte presso il Museo Duca di Martina di Napoli; 8 ulteriori dipinti sono custoditi presso il Palazzo Reale di Napoli, 1 tela nelle collezioni del Palazzo del Quirinale e altri 3 presso l’ambasciata Italiana a Mosca, in Russia. L’unico mezzo in grado di riunire questo vasto patrimonio nel suo luogo d’origine, e così far rivivere le sale di Carditello del loro antico splendore, era senza dubbio quello digitale.
La digitalizzazione e la riproduzione delle opere è stata eseguita da 3D Research srl, attraverso un metodo di acquisizione non invasivo, appositamente studiato per l’occassione, che riadatta soluzioni già largamente utilizzate dall’azienda per la digitalizzazione di reperti archeologici: lo stitching e la fotogrammetria 3D. La prima tecnica - lo stitching - serve ad acquisire i cromatismi reali e i dettagli delle opere senza incorrere nelle interferenze di luce; la seconda - la fotogrammetria 3D - permette invece di registrare le informazioni geometriche dell’oggetto (la tela o il tessuto, in questo caso) ricollocandole nello spazio 3D, al fine di rispettarne la scala originale ed evitare distorsioni ottiche.
In sostanza, per ogni opera sono state scattate diverse “strisciate” fotografiche ad alta risoluzione, in cui ogni foto si sovrappone alla successiva e a quelle delle strisciate contigue per circa il 20% della sua superficie. La fotocamera, dotata di teleobiettivo, è stata montata su uno speciale sistema di aste e slider, appositamente progettato, che ha permesso alla macchina di inquadrare di volta in volta piccole porzioni di tela, restando in posizione perfettamente parallela ad essa e muovendosi su tutta la superficie lungo gli assi x e y, in maniera semi-automatica, cosa che ha consentito di acquisire anche tele di dimensioni molto grandi. Successivamente, le “strisciate” afferenti ad ogni opera sono state riassemblate attraverso software specifici ottenendo un’unica immagine; questa è stata poi sottoposta ad un processo di calibrazione ottica mirato a riprodurre cromaticamente l’aspetto originale dell’opera; infine, le immagini sono state stampate su supporti di qualità presso un’azienda specializzata nella stampa fine art. Il risultato finale è una riproduzione estremamente fedele all’originale e con un livello di dettaglio talmente alto da rendere visibili finanche i rilievi delle pennellate e la tessitura della tela.
SOVRAPPORTE
I sette sovrapporta che decoravano gli Appartamenti del Real Sito di Carditello sono tessuti in lana e seta. Realizzati sui modelli di Fedele Fischetti (Napoli, 1732 – 1792), essi presentano motivi ripresi dall’antico. Le opere oggi sono conservate sia presso il Museo di Capodimonte che presso il Palazzo Reale di Napoli. Il tema ricorrente nei sovrapporta è la raffigurazione dei mitici abitanti dei boschi, come le Naiadi - ninfe dell’acqua portatrici di fecondità e protettrici del matrimonio. Si aggiungono satiri, fauni e simpatiche creature appartenenti al corteo di Pan e Dioniso, a simboleggiare fertilità e forza vitale della natura.







ARAZZI
Le pareti della sala erano decorate da arazzi istoriati della Fabbrica romana Duranti, che raccontano Storie di Enrico IV, iniziatore della dinastia borbonica. Allo stesso sovrano si deve anche l’istituzione di fabbriche al servizio della Casa Reale, emblema di una politica orientata al sostegno delle manifatture che contraddistingue tutto il casato dei Borbone, di cui Ferdanando IV intende porsi come degno erede. La serie, oggi conservata presso il Museo di Capodimonte, è ispirata all’ Enriade, opera giovanile del filosofo francese Voltaire, e richiamerebbe anche la serie “Storie di Francia” tessuta, tra il 1785 e il 1788, dalla manifattura reale francese dei Gobelins. Il contesto che fa da sfondo a queste opere si colloca nel periodo successivo alla notte di San Bartolomeo del 1572. È in questa occasione, infatti, che Enrico IV – su suggerimento del fedele duca Sully – abiura il calvinismo e si converte alla fede cattolica, riportando così la pace in Francia. Questa scelta strategica funge da preludio all’Editto di Nantes del 1596, che sancisce la libertà di culto in Francia, ponendo fine alle guerre di religione. È la sequenza stessa con cui si susseguono gli arazzi a fornire una chiave di lettura del racconto, confermata poi dall’inventario del 1792 e da un documento del 1796, contenenti entrambi una descrizione dettagliata delle singole opere.





